Maria, Madre della Misericordia

Dal Vangelo di LucaGrandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono... Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre». (Lc 1,39-45)

Due volte, Maria, nel cantico nel «Magnificat» ha lodato Dio che usa misericordia: «Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono»; «ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia». Per questo i fedeli desiderano vivamente «magnificare con Maria la bontà infinita» di Dio. Donna che ha fatto un’esperienza della misericordia di Dio: «la regina clemente, esperta della benevolenza (di Dio), accoglie quanti nella tribolazione ricorrono a lei. Il Beato Giovanni Paolo Il riguardo alla beata Vergine: «Maria (…) in modo particolare ed eccezionale – come nessun altro – ha sperimentato la misericordia; (…) avendo fatto esperienza della misericordia in una maniera straordinaria» (Dives in misericordia, 9).

La storia della matita.
Il bambino guardava la nonna scrivere una lettera.
Ad un certo punto, chiese: “Stai scrivendo una storia su di noi?
Maggio E’ per caso una storia su di me?”.
La nonna smise di scrivere, sorrise e disse al nipote: “In effetti, sto scrivendo su di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita che sto usando. Mi piacerebbe che tu fossi come lei, quando sarai grande.”
Il bimbo osservò la matita, incuriosito e non vide niente di speciale.
“Ma è identica a tutte le matite che ho visto in vita mia!”.
“Tutto dipende dal modo in cui guardi le cose. Ci sono 5 qualità in essa che, se tu riuscirai a mantenere, faranno sempre di te un uomo in pace con il mondo.
Prima qualità: tu puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi: questa mano noi la chiamiamo Dio e Lui ti dovrà sempre indirizzare verso la Sua volontà.
Seconda qualità: di quando in quando io devo interrompere ciò che sto scrivendo ed usare il temperino. Questo fa sì che la matita soffra un poco, ma alla fine essa sarà più affilata. Pertanto, sappi sopportare un po’ di dolore, perché ciò ti renderà una persona migliore.
Terza qualità: la matita ci permette sempre d’usare una gomma per cancellare gli sbagli. Capisci che correggere qualcosa che abbiamo fatto non è necessariamente un male, ma qualcosa di fondamentale per mantenerci sulla retta via.
Quarta qualità: ciò che è davvero importante nella matita non è il legno o la forma esteriore, ma la grafite che è all’interno. Dunque fai sempre attenzione a quello che succede dentro di te.
Infine la quinta qualità della matita: lascia sempre un segno. Ugualmente, sappi che tutto ciò che farai nella vita lascerà tracce e cerca d’essere conscio d’ogni singola azione. (Paulo Coelho)

Dio di bontà infinita,
concedi ai tuoi fedeli,
per intercessione della beata Vergine Maria,
madre di misericordia,
di sperimentare sulla terra la tua clemenza,
e di contemplare la tua gloria nel cielo.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

Maria, Madre della lode

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai ColossesiTutto ciò che fate in parole e opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.(Col 3,17)

Tutto quello che facciamo in parole ed opere, tutto si deve compiere nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. “Tutto quello che facciamo”, siano lavori materiali, siano discorsi, sia altre attività materiali o spirituali tutto si faccia avendo di mira Dio. Il Vangelo inculca il servizio sincero, umile, la disponibilità nella carità, per essere uniti a Gesù che ha dichiarato di essere venuto per servire e non per essere servito. La vera dignità consiste nel servizio dei fratelli, secondo le proprie capacità, in unione con Gesù, Figlio di Dio. Verifichiamo la nostra scala di valori, per renderla sempre più aderente ai pensieri di Dio.

Apri la finestra della speranza.
Un uomo disperava dell’amore di Dio.
Un giorno, mentre errava sulle colline che attorniano la sua città, incontrò un pastore.
“Che cosa ti turba, amico?”.
“Mi sento immensamente solo”.
“Anch’io sono solo, eppure non sono triste”.
“Forse perché Dio ti fa compagnia”.
“Hai indovinato”.
“Io invece non ho la compagnia di Dio.
Non riesco a credere nel suo amore.
Com’è possibile che ami me?”.
“Vedi laggiù la nostra città?”, gli chiese il pastore.
“Vedi le case? Vedi le finestre?”.
“Vedo tutto questo”, rispose il pellegrino.
“Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola e la più nascosta, ogni giorno viene baciata dal sole.
Forse tu disperi perché tieni chiusa la tua finestra”.
(Anonimo indiano)

O Dio, nostro Padre,
sull’esempio della Beata Vergine Maria,
Madre della lode perenne,
fa’ che nella nostra vita
rendiamo testimonianza al tuo amore
e godiamo i frutti della giustizia e della pace.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

E’ risorto!

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

È risorto! Il profondo silenzio della liturgia dinanzi al dramma del Calvario si è trasformato in prorompente scoppiettio di alleluja e di inni di gioia. E per una ragione evidentissima e poi molto sottolineata dalla catechesi apostolica: se Lui, Gesù, che ha voluto essere nostro fratello in tutto, persino nella morte, è risorto, anche noi risorgeremo e la morte, come per Lui, sarà solo un passaggio, doloroso quanto si voglia, ma sempre solo un passaggio, non un annientamento del nostro essere. E questa verità di fondo dell’annuncio cristiano è capace da sola a cambiare le prospettive e il corso della nostra vita, relativizzando tutte le prove e le sofferenze dell’uomo ed imprimendo alla sua esistenza terrena una forza ed una speranza invincibili. Ricorda: per crucem ad lucem, cioè solo attraverso il dono e l’immolazione sulla Croce quotidiana si può giungere all’alba luminosa della Pasqua di Risurrezione. Sì, se rifiuti la Croce e l’Amore crocifisso, oggi non è Pasqua per te e lo è anche meno per tutta la Chiesa.

O Cristo risorto,
con Te anche noi dobbiamo risorgere;
Tu ti sei sottratto alla vita degli uomini
e noi dobbiamo seguirti;
sei tornato al Padre Tuo
e noi dobbiamo fare in modo
che la nostra vita
“sia nascosta con Te in Dio…”.
È dovere e privilegio
di tutti i Tuoi discepoli, o Signore,
essere esaltati e trasfigurati con Te;
è nostro privilegio vivere in cielo
con i nostri pensieri, impulsi,
aspirazioni, desideri ed affetti,
anche se siamo ancora nella carne…
Insegnaci a “cercare le cose che stanno lassù” (Col 3,1)
dimostrando che apparteniamo a Te,
che il nostro cuore è risorto con Te
e in Te è nascosta la nostra vita.
Amen.

In silenzio

Il sabato santo, la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte, astenendosi dal celebrare il sacrificio della Messa fino alla solenne Veglia o attesa notturna della Risurrezione. L’attesa allora lascia il posto alla gioia pasquale, che nella sua pienezza si protrae per cinquanta giorni.

Un gran silenzio avvolge la Chiesa: tacciono le campane, sono sospese le azioni liturgiche. La Chiesa è ancora attonita per il mistero della passione e morte del Figlio di Dio, che ieri l’ha commossa e straziata. C’è, però, in lei un’aria di attesa: Dio non può essere vinto dalla morte, perché si è incarnato proprio per vincerla e superarla. Sì, la Chiesa attende con impazienza di ascoltare l’annunzio esultante della Risurrezione di Cristo e di poter nuovamente prorompere nel grido del giubilo dell’alleluja nella notte più santa e luminosa dell’anno, durante la Veglia Pasquale. Anche tu vi parteciperai (almeno spiritualmente) per ricordare quel battesimo che ti ha incorporato in questo Popolo di risorti e per rinnovare gli impegni e la gioia. Vale la pena allora non sciupare questa giornata di raccolto silenzio e di digiuno per prepararti convenientemente a questo salto di qualità della tua vita di battezzato coinvolto nella Risurrezione del Signore. Forse hai passato altre Pasque prive di ogni vibrazione interiore, Pasqua in cui la risurrezione era solo una parola scritta nel messale, ma che non ti toccava e non ti coinvolgeva. Non può essere così anche quest’anno. Ora tocca a te stabilire in cosa debba consistere praticamente questa risurrezione, cioè la tua Pasqua nella Pasqua di Gesù.

La consegna

Gesù, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!».

Gesù si consegna volontariamente alla morte proprio perché sa che attraverso la sua morte tutti avremmo riottenuto la vita. Attraverso la sua morte abbiamo avuto accesso alla piena comunione con Dio. La contemplazione del grigiore del Venerdì Santo non ci allontani dalla prospettiva del mattino radioso di Pasqua. Non ci sarebbe Domenica di Pasqua senza Venerdì Santo, ma non avrebbe senso lo stesso Venerdì Santo se non si proiettasse verso l’alba luminosa della Domenica senza tramonto. Ci illumini intanto la consapevolezza di fede che l’ultimo respiro di Gesù corrisponde al primo respiro della sua Comunità. L’espressione riportata dal Vangelo, “emise lo spirito” (Lc 23,46) non intende registrare semplicemente l’ultimo istante della vita terrena di Gesù, ma vuole rinviare soprattutto alla contemplazione del dono del Consolatore, lo Spirito Santo, “che è Signore e dà la vita”.

Signore Gesù, dall’alto della croce
hai consegnato alla Madre il discepolo Giovanni
e in lui hai affidato alle sue cure materne ciascuno di noi.
Che io mi senta incoraggiato nei momenti della prova
dalla certezza della presenza premurosa della Vergine Madre
così da affrontare, con la tua grazia, tutte le prove della vita,
ben sapendo che dopo il grigiore di ogni Venerdì Santo
si leva sempre la luce sfolgorante del sole di Pasqua. Amen.

In memoria di me…

Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli…

Ricordiamoci sempre che siamo discepoli di un Maestro che ha assunto fino alle estreme conseguenze la logica del servizio. Lui vero Dio non ha disdegnato di farsi servo obbediente (cf Fil 2,7). La reale disponibilità al servizio appare allora l’unica tessera capace di accreditare nel mondo gli autentici discepoli di Gesù. È il segno distintivo del cristiano, il quale sull’esempio del suo Signore sa che solo chi serve, serve davvero! Solo chi ha il coraggio di prendere le distanze da qualsiasi logica di potere e di dominio può dire di seguire il Signore, non a parole, ma con la vita. Nella Comunità di Gesù lo stile del servizio è l’ideale più sublime e l’impegno più concreto. Servire, come ha fatto Gesù, lui che ci ha dato l’esempio per primo perché lo seguiamo nella concretezza della nostra vita. E tu cosa vuoi fare della tua vita? Vuoi specializzarti a servire o ti piace, invece, essere servito? Nel primo caso avrai la gioia assicurata; nel secondo, invece, sarà la logica perversa di questo mondo e non il comandamento dell’amore ad ispirarti e caratterizzarti.

Signore Gesù, mentre cenavi con i tuoi discepoli,
ti sei inginocchiato e hai lavato loro i piedi.
Insegnami a contemplare questo tuo gesto
e a riesprimerlo nella mia vita di ogni giorno. Amen.

Fratello Giuda

Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

Perché siamo capaci di peccare? Non è facile rispondere! Sappiamo che il peccato non significa essere fragile, avere dei limiti. Né si identifica con il senso di colpa nei confronti di una situazione di cui si porta il peso. Il peccato oltre ad essere tradimento dell’amore è il rifiuto consapevole e voluto del riferimento a Dio, alla sua Parola. È un comportamento o un gesto o un’azione in contrasto con il mistero della comunione, regalataci in Gesù Cristo. Anche noi, dunque, possiamo cadere nella tentazione di un baratto tra la scelta di Gesù e l’opzione per ciò che appaga la voracità dei sensi. C’è una famosa predica di don Primo Mazzolari, fatta un venerdì santo da lui intitolata “Nostro fratello Giuda”: egli vede in questo apostolo riflessa l’immagine di ciascuno di noi, tutti protesi alla ricerca di costringere Gesù Cristo ad agire secondo il nostro modo di vedere e di giudicare. La croce è scandalo perché troppo diversa, troppo altra rispetto all’immagine che noi ci facciamo di Dio. Forse conviene riflettere sul fatto che noi non siamo migliori del traditore. Ci salveremo solo se resteremo attaccati al Maestro seguendolo passo passo in questi giorni santi con lo sguardo del cuore.

Tienimi attaccato a te, Gesù,
e non permettere che io mi allontani dal tuo sguardo
in cui ho la percezione vera di me, di te e del mondo.
“Nessuno ti perde, o Signore, se non chi ti lascia”
Amen.

Di notte…

Mentre era a mensa con i suoi discepoli, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».

Gesù è profondamente turbato! In Giovanni il turbamento di Gesù è connesso alla presenza di Satana nella morte. Il tradimento viene proprio da uno dei discepoli. Giuda, che lo avevano seguito sin dall’inizio della sua missione e aveva ricevuto potere sui demoni, riceve il boccone intinto nel piatto comune, eppure: “Satana entrò in lui”. Ed “era notte”, precisa l’evangelista che ci offre non solo un’informazione cronologica, ma anche psicologica. Sant’Agostino commenta: “Anche colui che era uscito di notte era notte”. È la notte in cui Gesù consegna il suo corpo come pane, è la notte infida del male, delle tenebre che occultano la luce. Gesù non si sottrae alla paura e all’angoscia, ma dice a Giuda di “fare presto”. L’ora della morte è l’ora della glorificazione del Figlio dell’uomo. Il piano divino di salvezza sta per compiersi, la redenzione è già in atto, la vittoria sul male e sul peccato troverà il suo sigillo nell’ascensione al cielo. Il tutto suona come un addio, ma poi lo stesso Gesù dirà: “Vado a prepararvi un posto”. L’impazienza di Pietro è frenata dalla dichiarazione della sua fragilità: “…in verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte”.

Signore, tu che porti la salvezza
fino agli estremi confini della nostra umanità,
suscita nel mio cuore turbato
il coraggio di vivere da amico fedele e non tradirti mai.
Amen.

Il profumo d’amore

Maria prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.

I gesti che la donna compie sono carichi di affetto e di significato: di affetto, perché chi ama non tiene conto di quanto spende, di quello che perde, di cosa pensano gli altri; di significato, perché quel gesto prelude alla morte di Gesù, agli aromi con i quali le donne avrebbero cosparso il corpo di Gesù il mattino di Pasqua. Giuda, invece, camuffa la propria ingordigia vestendola con i panni di chi si scandalizza per lo spreco, di quell’unguento: gli anni vissuti accanto a Gesù non hanno trasformato il suo cuore, forse troppo preso da altre preoccupazioni e desideri. Mentre Maria compie un’azione profetica, Giuda che dissente dal gesto di Maria rappresenta la società dei malvagi. Il gesto di Maria, infine, diviene proposta per noi: perché in questo tempo, dove prevale il profitto e l’efficienza, possiamo imparare una lezione di gratuità. Quanto si dona con il profumo dell’amore non si perde mai. Giuda non capisce che cospargere i piedi di Gesù di profumo è un atto di culto che non disimpegna dalla carità, come la preghiera non disimpegna dall’azione, alla quale Gesù stesso ci rimanda: “I poveri li avete sempre con voi”.

Spirito Santo, luce interiore,
tu rischiari i giorni felici della nostra vita
come anche i periodi della prova.
E quando la chiarezza sembra scomparire,
la tua presenza resta, ci permette di avanzare
da un inizio a un nuovo inizio. Amen.

L’essenziale

Quando venne l’ora, Gesù prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio».

Oggi finisce la Quaresima; da lunedì inizia La Settimana santa. Questa domenica, l’unica dell’anno liturgico in cui viene letta la Passione del Signore, presenta gli ultimi giorni della vita di Gesù come un’alternativa di baci e di sputi, di sguardi d’amore e di tradimento, di mani che spezzano il pane e di altre che contano monete, di occhi che piangono e di altri che organizzano il rito della crocifissione. È un giorno di lacrime: di angoscia come di quelle di Cristo, di pentimento come quelle di Pietro, di disperazione come quelle di Giuda, di dolore come quelle delle donne. Queste scene azzerano la religione fai-da-te, per lasciare emergere l’unicità del Dio di Gesù Cristo, il quale toglie ogni falsa immagine di Dio. Il racconto della passione è lo svelamento supremo del Dio-Amore, che dona la vita anche a chi diffonde la morte. La storia ricomincia da un atto di amore totale: qui sta la forza attrattiva del crocifisso. D’ora in poi, per sapere chi sia Dio basta “inginocchiarsi ai piedi della croce” (K. Rahner). Lo ha insegnato anche il centurione, il lontano che fa la sua bella professione di fede.

Signore Gesù, tu che ti sei caricato della mia umana fragilità
per farmi sentire la vicinanza di Dio Padre,
fa’ che anch’io attraversi
la soglia della fecondità del tuo dolore. Amen.